Prefazione al mio libro “Solfeggi cantati in stile classico e moderno” edizioni Saint Louis Doc

Prefazione

Avevo all’incirca dieci anni quando iniziai gli studi di pianoforte e tra le indicazioni che ebbi dalla mia prima insegnante ce n’era una che già da allora non mi convinceva affatto: “Mi raccomando, non bisogna suonare ad orecchio!”
A dire il vero, quando la udii per la prima volta rimasi quasi paralizzato: come potevo dirle che fin da piccolo avevo cercato di riprodurre, con grande entusiasmo, tutto ciò che ascoltavo?
Fortunatamente, il desiderio di “ripetere” mi portò ad ignorare l’insana indicazione, anche se con non poche difficoltà.
Da allora sono passati tanti anni e le cose sono cambiate, la musica moderna con la sua didattica innovativa si è sempre più affermata e trova nell’educazione dell’orecchio, l’ear training, un punto di forza ormai irrinunciabile.
Se, infatti, è difficile immaginare un musicista classico che non abbia orecchio è sicuramente impossibile parlare di musicista moderno privo di orecchio musicale.
L’ear training, come è noto, è quella parte della didattica musicale che si occupa dell’allenamento dell’orecchio, ovvero della pratica di riconoscimento delle note e del rapporto tra i suoni.
Questa abilità non è distribuita in maniera uniforme tra le persone, ma è sviluppabile e migliorabile, almeno in parte.
Il processo di apprendimento nell’ear training si sviluppa attraverso 3 fasi così come indicato nello schema sottostante.
1) Memorizzazione dell’intervallo – Memoria emotiva
2) Produzione dell’intervallo – Canto
3) Riconoscimento dell’intervallo – Dettato
In questo testo mi occuperò prevalentemente della seconda fase, il canto, dando per scontato che la prima fase sia stata già acquisita (memorizzazione di tutti gli intervalli, diatonici e cromatici) e rimandando a futuri lavori l’approfondimento della terza (dettato).
Questo aspetto della didattica non ha visto, in questi anni, lo stesso proliferare di testi che si è verificato, invece, nell’ambito della jazz harmony, dell’improvvisazione e dell’arrangiamento, anzi molto spesso si è incorsi in errori formativi. L’ear training e in particolare lo studio del canto, è stato, così, affidato a libri che pur essendo di enorme importanza e valore didattico ( E.Pozzoli, N.Poltronieri, ecc.) ignorano completamente lo studio del materiale morfologico della musica moderna.
Tutti i canti presentati nei libri adottati fin’ora si sono basati essenzialmente sulla scala maggiore e sulle scale minori, senza prendere in considerazione i modi e gli altri tipi di scale.
La scala maggiore e le scale minori sono patrimonio, quasi unico, del mondo classico; tali ossature, però, non risultano sufficienti per la tessitura musicale del jazz e della musica moderna in genere, che impiega molte più scale (quella pentatonica, quella blues, ecc.).
Altro destino, invece, hanno avuto nel tempo i modi: questi, dapprima molto utilizzati nella musica greca e nel canto gregoriano, sono stati poi inglobati dalle scale maggiori e minori man mano che la musica tonale si affermava, per essere poi ripresi dal jazz che ha fondato parte del suo linguaggio sul loro utilizzo.

Questa breve digressione serve a sostenere un concetto importante: se da un lato il patrimonio colto della musica europea è un bene ed un valore irrinunciabile, dall’altro non si possono ignorare gli elementi d’innovazione apportati dalla musica jazz.
Affinché l’allievo abbia una formazione completa deve apprendere ed esercitarsi conoscendo entrambi questi mondi.
In questo testo non ho voluto rinunciare al “vecchio” ma non ho voluto nemmeno trascurare il “nuovo”.
Mamma Europa deve aggiornarsi, ma sostituirla sarebbe lo scempio di un bene troppo prezioso per poterlo permettere!
Questo libro presume la conoscenza di tutti gli intervalli, diatonici e cromatici, e si interessa di aspetti morfologici più complessi: le scale, i modi, gli accordi ”triadi e settime”, le modulazioni “ai toni vicini e ai toni lontani”, le forme.
Il testo si sviluppa in tre parti.
La prima parte è preparatoria: contiene esercizi e canti sulle scale maggiori e minori, sui modi della scala maggiore e uno studio sui vari tipi di accordi, triadi e settime.
La seconda parte è incentrata su stili e schemi classici attraverso lo studio di canti con modulazioni ai toni vicini, ai toni lontani e canti a 2 voci.
La terza parte è incentrata sugli elementi strutturali tipici della musica moderna attraverso lo studio di melodie costruite sulle scale pentatoniche, su quelle blues (comprese le scale ottofoniche, locrie e superlocrie) e sulle forme caratteristiche della musica jazz (turn around, blues, rhithm changes).

Spero che il mio contributo possa tornare utile a chi studia la musica così come spero di aver riscattato, almeno in parte, le frustrazioni dei miei 10 anni.

Antonio Solimene